Sull’ipotesi di una moneta comune per i BRICS sullo stile dell’euro, Vladimir Putin ha affermato che essa non è stata presa in considerazione, perché i tempi non sono ancora maturi, dato che una moneta unica richiede una profonda integrazione economica, oltre a qualità e volumi monetari comparabili. Ha inoltre affermato che l’introduzione immediata di una moneta unica esporrebbe i paesi BRICS a problemi ancora più grandi di quelli incontrati dai paesi della UE con l’introduzione dell’euro.
Quello che l’euro ha mostrato al mondo è stata la mera dimostrazione sperimentale dell'esattezza delle teorie dell’economia classica e cioè che il valore delle merci, quella qualità intrinseca che è alla base della determinazione del prezzo molto più della decantata legge della domanda e dell’offerta (che fa sì variare il prezzo, ma facendolo soltanto oscillare intorno a questo “valore”), dipende dalla quantità di lavoro umano necessario a produrre le suddette merci. Le merci prodotte in condizioni meno “moderne”, quindi con mezzi di produzione (macchine) più antiquati, hanno bisogno di una quantità di manodopera maggiore, quindi “incorporano” una quantità maggiore di lavoro umano. Le monete nazionali servono anche a proteggere i prodotti nazionali sul mercato internazionale: di fatto, le merci prodotte in condizioni più antiquate e quindi con una maggiore quantità di lavoro umano, vengono “deprezzate” attraverso il tasso di cambio della moneta nazionale, potendo così competere sul mercato mondiale. Quando viene invece introdotta una moneta unica per realtà nazionali (e produttive) molto diverse tra loro, eliminando lo “scudo” delle monete nazionali, il processo di scambio fa sì che emerga il vero valore delle merci l’una rispetto all’altra (attraverso il prezzo) e quelle prodotte in condizioni più antiquate finiscono per avere un prezzo maggiore, essere quindi meno concorrenziali e perdere quote di mercato. L’introduzione dell’euro ha, per tutti questi motivi, avvantaggiato l’industria dei paesi europei con mezzi di produzione più moderni (Nord Europa) rispetto a quelli del Sud Europa, che sono stati, in questo modo, letteralmente depredati di quote di mercato dei loro prodotti e hanno sperimentato tassi di inflazione reali (aumento del prezzo delle merci immediatamente successivo all’introduzione della moneta unica) nettamente più elevati rispetto a quelli dei paesi del Nord Europa. Se questo effetto è stato inizialmente mascherato dai guadagni legati alla possibilità di utilizzare uno strumento monetario nettamente più appetibile sui mercati finanziari, la crisi della finanza del 2007-2008, acuitasi poi negli anni successivi, ha messo a nudo la devastazione avvenuta nell’economia reale dei paesi meridionali del continente, molto più importante di quella finanziaria (economia “di carta”), anche solo per il semplice fatto che soddisfa i bisogni primari degli esseri umani.
Vladimir Putin dimostra che i Patrioti hanno una conoscenza perfetta di tutti i meccanismi economici e lascia intendere che l’obiettivo della gigantesca rivoluzione economica che stiamo per sperimentare è quello del passaggio da uno sviluppo ineguale tra le diverse aree del pianeta (alla base dello sfruttamento coloniale e neocoloniale) a un livello di sviluppo comparabile per tutte le nazioni, grazie a un trasferimento di tecnologie e competenze che è già cominciato tra i paesi BRICS e verso l’Africa. In futuro quindi, dopo il livellamento dello sviluppo economico, finché sussisterà la necessità di una moneta per regolare gli scambi ed evitare squilibri nel dare/avere, sarà forse possibile utilizzare lo strumento di una moneta unica. Come ha detto Donald Trump nel suo famoso discorso all’ONU, il tempo dei globalisti è tramontato ed è sorta l’ora dei Patrioti. Questo significa soltanto una cosa: pari dignità per tutti i popoli.