Per questa analisi, vista la sua particolare natura, dovremo necessariamente fare affidamento non soltanto su fatti accertati, ma anche su materiale proveniente da fonti ritenute affidabili o anche solo probabilmente affidabili. Siamo, per certi versi, in un territorio inesplorato per quanto riguarda la politica internazionale e dobbiamo aggirare l’imponente censura messa in atto dai mezzi di comunicazione ufficiali [1].
Cominciamo dalla fine, cioè dall’accettare come fatto compiuto che Donald Trump sia asceso alla presidenza degli Stati Uniti come punta di diamante di una gigantesca operazione militare su scala internazionale, preparata meticolosamente nel corso di diversi decenni. L’analisi dei fatti servirà anche a provare questo punto.
Donald Trump ha raggiunto la presidenza degli USA attraverso la più incredibile delle vicende elettorali, nella quale egli, non un politico, ma un miliardario operante nel ramo delle costruzioni immobiliari, autore del libro best seller “The art of the deal” (L’arte della trattativa) e noto al grande pubblico come personaggio televisivo di reality show dalla connotazione un po' trash, ha, come primo passo, vinto le primarie repubblicane contro il suo stesso partito, i cui vertici lo hanno pesantemente osteggiato, sconfiggendo 16 avversari tutti più titolati di lui, tra i quali Jeb Bush, pupillo dell’omonima famiglia, i potenti senatori Ted Cruz (Texas) e Marco Rubio (Florida), e il governatore dell’Ohio John Kasich, suo acerrimo nemico politico. Nel frattempo, Hillary Clinton, il presidente designato da quella che avrebbe dovuto essere la parte più forte della classe dirigente americana, aveva vinto le primarie democratiche, scippandole al socialdemocratico Bernie Sanders, grazie non solo al meccanismo dei superdelegati, che mette buona parte delle possibilità di candidatura nelle mani dell’apparato del partito e quindi dei ‘donors’ (i grandi donatori, ossia le entità economiche che ci mettono i soldi, spesso nascondendosi dietro teste di legno - e parliamo solo dei finanziamenti ufficiali, perché quelli non ufficiali sono di gran lunga superiori), ma soprattutto a veri e propri brogli elettorali, scoperti e denunciati in forma anonima attraverso l’invio di numerosi documenti compromettenti a Wikileaks (la cui esistenza fa probabilmente parte dello stesso piano che ha portato Trump alla presidenza degli USA o, quanto meno, si è rivelata assai funzionale allo stesso), che li ha resi pubblici. Il Comitato Nazionale Democratico ha attribuito ufficialmente l’attacco hacker ai soliti russi, mentre con un’indagine interna ha identificato Seth Rich, un analista informatico che lavorava per il comitato ed era sostenitore di Bernie Sanders, come autore della spiata. Lo stesso Rich è stato ucciso il 10 luglio 2016 per ritorsione, dietro l’ordine di alti esponenti democratici, tra i quali John Podesta. Bernie Sanders è stato “risarcito” per la mancata candidatura con una proprietà immobiliare.
Inizialmente, il Partito Democratico ha cercato di favorire la vittoria di Trump alle primarie repubblicane, ritenendolo un avversario facile da battere, ma la minima influenza democratica sul voto repubblicano non può essere certo annoverata come causa fondante della riuscita di Trump.
Le elezioni presidenziali hanno visto realizzarsi un evento ritenuto ancora più improbabile. Hillary Clinton aveva dalla sua non solo tutto il proprio partito e parte dei vertici repubblicani, ma anche la totalità dei cosiddetti mainstream media (media a grande diffusione), la parte più ricca e potente della classe dirigente (Wall Street innanzi tutto, ma anche i giganti del tecnologico, le grandi aziende farmaceutiche, i media appunto, ecc.), un’organizzazione sul territorio che consentiva di sfruttare le falle del sistema elettorale americano, consentendo ai militanti di esprimere il voto in più seggi e, addirittura, in più Stati e, soprattutto, consentendo a milioni di immigrati clandestini di votare illegalmente [2], come da esplicito incoraggiamento del presidente Obama alla vigilia delle elezioni. Inoltre, è praticamente certo che le macchine per il voto elettronico (utilizzate in diversi Stati e fornite da una società di proprietà di George Soros, finanziere ungherese, che in gioventù ha collaborato con i nazisti aiutandoli nella confisca dei beni degli ebrei [3] e che è strettamente legato al Partito Democratico e alla Clinton) fossero programmate per cambiare automaticamente una parte dei voti da Trump a Clinton. In più, tutte le principali piattaforme internet e tutti i principali social media (Facebook, Twitter, Youtube, Reddit, Instagram, ecc.) mettevano in atto forme di censura sia esplicite che occulte (shadow banning) nei confronti dei sostenitori di Trump e degli esponenti repubblicani.
La vittoria elettorale di Trump in condizioni apparentemente proibitive è stata, come vedremo, il frutto di una pianificazione militare al più alto livello. Se ci sono stati brogli elettorali in suo favore, questi sono stati messi in atto in modo da essere irrilevabili, dato che le stesse inchieste promosse dai democratici all’indomani delle elezioni sono servite solo a mettere in luce irregolarità commesse dai democratici stessi e quindi immediatamente chiuse. Ridicolo, poi, pensare che la sbandierata influenza diretta dei russi sul processo elettorale americano possa avere un fondo di verità. Come vedremo, si tratta di una teoria della cospirazione architettata ad arte.
Il vero programma di Trump, almeno nella prima fase, è esposto in grandi linee in questo video: LINK , girato prima delle elezioni (QUI il discorso tradotto in italiano).
Essenzialmente, esso verte sulla distruzione della borghesia finanziaria (diventata, se possibile, ancor più parassitaria dopo la crisi del 2008 che, a detta dello stesso Soros, ha rappresentato la fine della finanza vera e propria; in effetti, il meccanismo della finanza, da allora, è stato sostenuto dall’esasperata monetizzazione da parte delle banche centrali) e della rete delle banche centrali, insieme alla macchina politica e propagandistica ad essa legata. Un compito titanico, quasi irrealistico, che però, ad oggi, trova riscontro nei fatti.
Tale programma necessita di un’attuazione su base internazionale (con un’alleanza non dichiarata, per chiari motivi di opportunità, ma ‘di fatto’ con Russia, Cina e altre nazioni) e deve essere necessariamente accompagnato da misure di sostegno alla popolazione (in parte già realizzate o in via di realizzazione) per conservarne e rafforzarne il supporto.
Il piano riecheggia, tra le varie cose e tra le righe, la volontà del non-a-caso-assassinato presidente Kennedy di smantellare (o neutralizzare, in questo caso) la CIA e distruggere le potenti società segrete nelle quali spesso i vertici della borghesia finanziaria si organizzano per esercitare e rafforzare il proprio potere (come la vecchia e potentissima Skull and Bones [Teschio e Ossa], con base nell’università di Yale, che ha tra i suoi membri l’ex presidente George W. Bush e l’ex segretario di stato John Kerry [4]).
Gli attuali, elevatissimi livelli di concentrazione capitalistica, specie nel settore del credito, fanno sì che un esiguo numero di famiglie sia in grado controllare una fetta consistente dell’economia mondiale. Questa “élite” finanziaria [per capitale finanziario vale la definizione di “compenetrazione tra capitale bancario e capitale industriale”], spesso chiamata dai nemici “Cabala”, ha raggiunto un tale potere da cullare sogni superimperialistici, che si estrinsecano nella dottrina del Nuovo Ordine Mondiale (New World Order, NWO) e nella creazione di istituzioni sovranazionali che prevalgano, sulla base del diritto internazionale, sulle istituzioni nazionali. Parliamo quindi non solo della solita ONU (il recente Global Compact sull’immigrazione è un tentativo di imporre, a livello mondiale, una normativa cara all’élite finanziaria per ovvi motivi legati, direttamente e indirettamente, al profitto) e dei vari carrozzoni ad essa collegati, ma anche dell’Unione Europea, del FMI e di tutte le istituzioni bancarie sovranazionali (Banca Mondiale, Bank of International Settlements, ecc.), delle conferenze sul clima con i vari accordi e protocolli (anche questi creati allo scopo di ingrassare le élite finanziarie), del WTO e dei vari accordi commerciali regolati a livello sovranazionale (ad esempio il NAFTA, appena rinegoziato e talmente snaturato da Trump da essere stato praticamente sostituito da accordi bilaterali, e i vari TPP e TTIP, strangolati dallo stesso nella culla). Questa élite finanziaria, che esercita il controllo economico sulla maggior parte delle banche centrali del mondo, soprattutto attraverso la famiglia Rothschild (la FED, ad esempio, è una fondazione privata controllata, oltre che dai Rothschild, anche dai Rockefeller e dai Morgan, è posta su un terreno di sua proprietà ed è immune dalle leggi USA), nei decenni ha creato, come è ovvio, quasi in ogni Stato del globo, una rete di funzionari, giornalisti e politici ad essa fedeli, una sorta di “stato nello stato” a cui spesso ci si riferisce usando il termine “deep state” (stato profondo). La frase attribuita a Nathan Rothschild, ma probabilmente apocrifa “Datemi il controllo della moneta di una nazione e non devo più preoccuparmi di chi fa le leggi” rende perfettamente l’idea.
Gli attuali eventi mondiali possono forse essere visti come una titanica lotta tra la borghesia finanziaria con base sovranazionale (globalista) e la borghesia con base nazionale (sovranista) anche se, ad essere sinceri, da questo punto di vista la matematica spesso non torna, nel senso che, facendo il semplice computo delle forze economiche in campo, la differenza tra globalisti e sovranisti è enorme a vantaggio dei primi, quindi devono necessariamente esistere altri fattori in gioco, al momento non visibili (considerando il dato, storicamente incontrovertibile, che i militari non si muovono mai in maniera slegata dal contesto, ma si schierano con una delle due parti in lotta, o con entrambe quando l’esercito si spacca; anche nel caso dei "golpe militari", la spinta principale viene da settori economici preponderanti). La lettura degli eventi indica che i sovranisti sono talmente forti rispetto alla controparte che riescono a mettere in atto il loro piano nei tempi che essi stessi hanno stabilito, minimizzando le conseguenze sociali e l’uso della forza. Per fare un paragone, è come quando, in una competizione sportiva, uno dei contendenti fa dell'avversario ciò che vuole, prevedendo e neutralizzando facilmente tutti i suoi tentativi per prevalere.
ELENCO DELLE BANCHE CENTRALI CONTROLLATE O POSSEDUTE DAI ROTHSCHILD SECONDO Q (Q#135, Q#136, Q#137, Q#138) [5]
ROTHSCHILD OWNED & CONTROLLED BANKS:
Afghanistan: Bank of Afghanistan
Albania: Bank of Albania
Algeria: Bank of Algeria
Argentina: Central Bank of Argentina
Armenia: Central Bank of Armenia
Aruba: Central Bank of Aruba
Australia: Reserve Bank of Australia
Austria: Austrian National Bank
Azerbaijan: Central Bank of Azerbaijan Republic
Bahamas: Central Bank of The Bahamas
Bahrain: Central Bank of Bahrain
Bangladesh: Bangladesh Bank
Barbados: Central Bank of Barbados
Belarus: National Bank of the Republic of Belarus
Belgium: National Bank of Belgium
Belize: Central Bank of Belize
Benin: Central Bank of West African States (BCEAO)
Bermuda: Bermuda Monetary Authority
Bhutan: Royal Monetary Authority of Bhutan
Bolivia: Central Bank of Bolivia
Bosnia: Central Bank of Bosnia and Herzegovina
Botswana: Bank of Botswana
Brazil: Central Bank of Brazil
Bulgaria: Bulgarian National Bank
Burkina Faso: Central Bank of West African States (BCEAO)
Burundi: Bank of the Republic of Burundi
Cambodia: National Bank of Cambodia
Came Roon: Bank of Central African States
Canada: Bank of Canada – Banque du Canada
Cayman Islands: Cayman Islands Monetary Authority
Central African Republic: Bank of Central African States
Chad: Bank of Central African States
Chile: Central Bank of Chile
China: The People’s Bank of China
Colombia: Bank of the Republic
Comoros: Central Bank of Comoros
Congo: Bank of Central African States
Costa Rica: Central Bank of Costa Rica
Côte d’Ivoire: Central Bank of West African States (BCEAO)
Croatia: Croatian National Bank
Cuba: Central Bank of Cuba
Cyprus: Central Bank of Cyprus
Czech Republic: Czech National Bank
Denmark: National Bank of Denmark
Dominican Republic: Central Bank of the Dominican Republic
East Caribbean area: Eastern Caribbean Central Bank
Ecuador: Central Bank of Ecuador
Egypt: Central Bank of Egypt
El Salvador: Central Reserve Bank of El Salvador
Equatorial Guinea: Bank of Central African States
Estonia: Bank of Estonia
Ethiopia: National Bank of Ethiopia
European Union: European Central Bank
Fiji: Reserve Bank of Fiji
Finland: Bank of Finland
France: Bank of France
Gabon: Bank of Central African States
The Gambia: Central Bank of The Gambia
Georgia: National Bank of Georgia
Germany: Deutsche Bundesbank
Ghana: Bank of Ghana
Greece: Bank of Greece
Guatemala: Bank of Guatemala
Guinea Bissau: Central Bank of West African States (BCEAO)
Guyana: Bank of Guyana
Haiti: Central Bank of Haiti
Honduras: Central Bank of Honduras
Hong Kong: Hong Kong Monetary Authority
Hungary: Magyar Nemzeti Bank
Iceland: Central Bank of Iceland
India: Reserve Bank of India
Indonesia: Bank Indonesia
Iran: The Central Bank of the Islamic Republic of Iran
Iraq: Central Bank of Iraq
Ireland: Central Bank and Financial Services Authority of Ireland
Israel: Bank of Israel
Italy: Bank of Italy
Jamaica: Bank of Jamaica
Japan: Bank of Japan
Jordan: Central Bank of Jordan
Kazakhstan: National Bank of Kazakhstan
Kenya: Central Bank of Kenya
Korea: Bank of Korea
Kuwait: Central Bank of Kuwait
Kyrgyzstan: National Bank of the Kyrgyz Republic
Latvia: Bank of Latvia
Lebanon: Central Bank of Lebanon
Lesotho: Central Bank of Lesotho
Libya: Central Bank of Libya (Their most recent conquest)
Uruguay: Central Bank of Uruguay
Lithuania: Bank of Lithuania
Luxembourg: Central Bank of Luxembourg
Macao: Monetary Authority of Macao
Macedonia: National Bank of the Republic of Macedonia
Madagascar: Central Bank of Madagascar
Malawi: Reserve Bank of Malawi
Malaysia: Central Bank of Malaysia
Mali: Central Bank of West African States (BCEAO)
Malta: Central Bank of Malta
Mauritius: Bank of Mauritius
Mexico: Bank of Mexico
Moldova: National Bank of Moldova
Mongolia: Bank of Mongolia
Montenegro: Central Bank of Montenegro
Morocco: Bank of Morocco
Mozambique: Bank of Mozambique
Namibia: Bank of Namibia
Nepal: Central Bank of Nepal
Netherlands: Netherlands Bank
Netherlands Antilles: Bank of the Netherlands Antilles
New Zealand: Reserve Bank of New Zealand
Nicaragua: Central Bank of Nicaragua
Niger: Central Bank of West African States (BCEAO)
Nigeria: Central Bank of Nigeria
Norway: Central Bank of Norway
Oman: Central Bank of Oman
Pakistan: State Bank of Pakistan
Papua New Guinea: Bank of Papua New Guinea
Paraguay: Central Bank of Paraguay
Peru: Central Reserve Bank of Peru
Philip Pines: Bangko Sentral ng Pilipinas
Poland: National Bank of Poland
Portugal: Bank of Portugal
Qatar: Qatar Central Bank
Romania: National Bank of Romania
Russia: Central Bank of Russia
Rwanda: National Bank of Rwanda
San Marino: Central Bank of the Republic of San Marino
Samoa: Central Bank of Samoa
Saudi Arabia: Saudi Arabian Monetary Agency
Senegal: Central Bank of West African States (BCEAO)
Serbia: National Bank of Serbia
Seychelles: Central Bank of Seychelles
Sierra Leone: Bank of Sierra Leone
Singapore: Monetary Authority of Singapore
Slovakia: National Bank of Slovakia
Slovenia: Bank of Slovenia
Solomon Islands: Central Bank of Solomon Islands
South Africa: South African Reserve Bank
Spain: Bank of Spain
Sri Lanka: Central Bank of Sri Lanka
Sudan: Bank of Sudan
Surinam: Central Bank of Suriname
Swaziland: The Central Bank of Swaziland
Sweden: Sveriges Riksbank
Switzerland: Swiss National Bank
Tajikistan: National Bank of Tajikistan
Tanzania: Bank of Tanzania
Thailand: Bank of Thailand
Togo: Central Bank of West African States (BCEAO)
Tonga: National Reserve Bank of Tonga
Trinidad and Tobago: Central Bank of Trinidad and Tobago
Tunisia: Central Bank of Tunisia
Turkey: Central Bank of the Republic of Turkey
Uganda: Bank of Uganda
Ukraine: National Bank of Ukraine
United Arab Emirates: Central Bank of United Arab Emirates
United Kingdom: Bank of England
United States: Federal Reserve, Federal Reserve Bank of New York
Vanuatu: Reserve Bank of Vanuatu
Venezuela: Central Bank of Venezuela
Vietnam: The State Bank of Vietnam
Yemen: Central Bank of Yemen
Zambia: Bank of Zambia
Zimbabwe: Reserve Bank of Zimbabwe
The FED and the IRS
Vale la pena notare come la lotta per istituire una banca centrale negli USA sia sempre stata molto aspra: nella dottrina dei padri fondatori (soprattutto di Thomas Jefferson), l’idea era quella di ridurre il governo alle minime dimensioni possibili: l’autentico laissez-faire di stampo mercantilista, ancora ben radicato nella cultura dell’America profonda. Nella loro storia, gli USA hanno avuto tre banche centrali, le prime due negli anni 1791-1812 e 1816-1836. Quando l’attuale FED fu istituita il 24 dicembre del 1913, l’allora presidente Wilson ebbe a dire al riguardo: “Sono un uomo profondamente infelice. Ho inconsapevolmente rovinato il mio paese. Una grande nazione industriale è controllata dal suo sistema di credito”. Ovviamente, non si tratta altro che della naturale evoluzione del sistema capitalistico nella fase del suo estremo sviluppo. Durante la Grande Depressione, nel periodo del New Deal, la borghesia finanziaria americana era talmente (e immotivatamente) spaventata dal fatto che il presidente Roosevelt potesse usare le prerogative della FED per stampare denaro e veicolarlo alla popolazione in difficoltà, alterando, attraverso la distribuzione della massa monetaria, la distribuzione della ricchezza tra le classi in favore del popolo, che tentò di organizzare un colpo di stato, il cosiddetto Business Plot del 1934.
Un aspetto molto importante in questa lotta tra fazioni della classe dirigente lo rivestono certe ideologie religiose, che servono a giustificare le perversioni sessuali spesso collegate all’esercizio del potere: pare che buona parte delle élite finanziarie siano legate e/o leghino le loro pedine nelle grandi aziende, nelle grandi banche, nello stato, nella politica e nello spettacolo mediante riti sessuali che prevedono pratiche indicibili su adulti e fanciulli, pratiche che scimmiotterebbero antichi riti mediorientali. Note sono, ad esempio, le frequentazioni dei coniugi Clinton con il miliardario pedofilo Jeffrey Epstein, i loro viaggi sul suo aereo Lolita Express [sic] fino alla sua isola personale dove esiste un tempietto (ben documentato da foto) nel quale si consumerebbero gli stupri dei minori. Nota è anche l’inchiesta del Dipartimento di Polizia di New York (NYPD) sul materiale trovato nel laptop del pedofilo, al momento in galera, Anthony Weiner, ex rappresentante democratico alla House of Congress ed ex marito di Huma Abedin, stretta collaboratrice di Hillary Clinton, che documenterebbe diversi orribili crimini commessi dalla Clinton su minori [6] [7], . Noto è anche il caso Pizzagate (che ha visto coinvolto il potente John Podesta - Skippy per i suoi amici pedofili, Podesta da Molesta o Pedosta per i detrattori - capo della campagna presidenziale della Clinton), controverso e insabbiato, ma indubbiamente legato ad eventi reali, alla luce dei documenti emersi grazie a Wikileaks e mai smentiti. Questi ed altri fatti, veri o falsi che siano (presumibilmente veri, almeno come visione generale), rappresentano un fortissimo collante per il nocciolo duro dei sostenitori di Trump nella lotta contro il deep state.
(continua)
(Testo del 9 marzo 2019)
[1] Da questo punto di vista, le informazioni provenienti da tutti le principali TV, dai principali giornali mondiali e da siti come piattaforme di informazione e Wikipedia sono da ritenersi inaffidabili, tranne rare eccezioni.
[2] Il Partito Democratico ha negli anni perfezionato il controllo del voto delle minoranze etniche, compresi gli immigrati clandestini, grazie al sapiente usa degli ammortizzatori sociali, che per i democratici sono un cavallo di battaglia.
[3] https://www.geopolitica.ru/en/news/george-soros-helps-nazis-during-holocaust
[4] https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_Skull_and_Bones_members
[5] https://archive.4plebs.org/pol/thread/149061733/#149063400
[7] Per dare un’idea del livello di malattia mentale, basti pensare che, in uno scambio di email del 25 novembre 2009 con il suo collaboratore Matt Torrey, l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton, riferendosi tra le righe a pratiche pedofile, definiva l’Arabia Saudita il “Paese delle Meraviglie”, lei stessa era Alice e Torrey il Cappellaio Matto (fonte: Wikileaks).
NON CONSIDERATE QUELLO CHE AVETE LETTO COME VERO AL 100%, MA FATE LE VOSTRE RICERCHE E ARRIVATE ALLE VOSTRE CONCLUSIONI. SCAVATE IN CERCA DELLA VERITÀ. NON È PIÙ TEMPO DI ACCONTENTARSI DI "VERITÀ" PRECONFEZIONATE DA ALTRI.
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