Addio al petrodollaro
Tutto lo schema dell’economia di carta si basa soprattutto sul dollaro, la moneta mondiale che mantiene il suo status grazie agli accordi dei primi anni ’70 (stipulati in seguito alla caduta degli accordi di Bretton Woods il 15 agosto del 1971 con la fine della convertibilità del dollaro in oro) tra USA e paesi del Golfo Persico, che sancivano l’obbligatorietà di ricorrere al dollaro per gli acquisti di petrolio in cambio di protezione militare e collaborazione economica e politica da parte degli Stati Uniti.
Il piano di attacco alla grande finanza internazionale si basa sulla rinuncia degli USA al dollaro come moneta mondiale e al controllo del Medio Oriente. L’accordo che ha portato alla nascita del petrodollaro può dirsi decaduto in virtù dei seguenti, inequivocabili, epocali segnali: appena all’inizio della propria presidenza, Trump ha annunciato, per il lungo periodo, il ritiro completo degli USA dal Medio Oriente; a fine marzo del 2018 è iniziata la quotazione sui mercati internazionali di futures del petrolio in yuan, che in soli 2-3 mesi hanno conquistato il 12% del mercato: è nato il petroyuan; il presidente americano ha pubblicamente chiesto ai paesi del Golfo di pagare interamente per la protezione militare americana, che invece rientrava negli accordi che hanno sancito l’avvento del petrodollaro. Come già detto, il binomio dollaro-petrolio dovrebbe essere sostituito dall’oro come perno del sistema monetario internazionale [39]. È il tramonto di un’era durata cinquant’anni.
L’allentamento della presa degli USA sul Medio Oriente inizia con la sconfitta dell’ISIS. Lo Stato Islamico era una creatura principalmente americana e mirava a rafforzare il controllo sulle rotte petrolifere e a danneggiare nemici giurati come la Siria. Sotto gli otto anni di presidenza Obama, l’ISIS ha prosperato: l’esercito americano poteva intervenire “contro” lo Stato Islamico con regole di ingaggio che prevedevano la scelta esclusiva degli obiettivi militari da parte della Casa Bianca e spesso gli interventi servivano a favorire la penetrazione dei mercenari dell’ISIS nelle aree di interesse. Secondo le recentissime parole di al-Maliki, premier irakeno dal 2004 al 2016, Obama ha avuto un ruolo attivo nella nascita dell’ISIS [39A]. Prova ne sia che, dopo 2 anni di amministrazione Trump, con diverse regole di ingaggio che danno ai generali sul campo il potere di scegliere gli obiettivi, l’ISIS può dirsi praticamente liquidato, grazie anche allo sforzo congiunto della Russia e di altri stati della regione.
Il ritiro delle truppe americane dal Medio Oriente inizia invece dalla Siria, che è stata teatro di una sanguinosissima guerra generata dalla lotta internazionale per il controllo delle rotte energetiche. Il governo di Assad non ha consentito agli Stati Uniti la costruzione di un gasdotto che portasse il gas naturale dal Qatar ai paesi europei passando per la Turchia, mentre ha concesso all’alleata Russia la realizzazione di un analogo gasdotto dall’Iran fino in Europa.
Di qui il sostegno americano alle forze ribelli e democratiche siriane (affiliate in realtà all’ISIS) per disarcionare il governo di Assad e sostituirlo con un governo amico. Di segno completamente opposto, come abbiamo già ampiamente visto, la politica estera dell’amministrazione Trump, che ha puntato alla fine del conflitto siriano in alleanza con la Russia. A questo punto il deep state, per non perdere la presa sulla Siria, ha inscenato delle vere e proprie false flags (false bandiere) [40] sotto forma di attacchi con armi chimiche, che sono poi stati imputati al governo Assad con la complicità dell’ONU. Trump ha finto di abboccare all’amo, rilasciando dichiarazioni al vetriolo contro Assad e ordinando due bombardamenti dal mare con missili Tomahawk: il primo contro una base aerea preventivamente svuotata dai russi (avvisati dagli americani) e di nuovo operativa due ore dopo il bombardamento, il secondo contro un vecchio edificio che era pronto per essere demolito e contro obiettivi non dichiarati, che comprendevano in realtà diverse postazioni dei ribelli siriani. A questo punto, divenuto chiaro che gli americani le avrebbero usate come copertura per aiutare ulteriormente Assad e la Russia, le false flags sono teminate.
Da qualche mese, i russi hanno sigillato lo spazio aereo siriano con i sistemi antiaerei S-300 per evitare, tra le varie cose, le incursioni e i bombardamenti di Israele, nazione totalmente nelle mani del deep state.
Il 25 marzo 2019 gli Stati Uniti hanno ufficialmente e unilateralmente riconosciuto la sovranità di Israele sulla parte Alture del Golan da esso occupate in seguito alla Guerra dei Sei Giorni del 1967. La modalità della reazione (formalmente contraria) di Russia e Siria (e l’immediata contrarietà dell’Unione Europea) lasciano intendere che la mossa possa essere parte del piano di USA, Russia e Cina (e cripto-alleati) per sistemare il Medio Oriente. Nella fattispecie, l’obiettivo è quello di eliminare una “terra di nessuno”, un territorio conteso che viene largamente utilizzato traffico di esseri umani (e per ogni altro tipo di traffico, come è successo alla Libia del dopo-Gheddafi), rendendo nel contempo sfruttabile uno dei giacimenti di petrolio e gas naturale maggiori al mondo.
Nota a margine: il riconoscimento da parte degli USA di Gerusalemme come capitale di Israele, e il conseguente spostamento dell’ambasciata, oltre al significato simbolico e all’utilizzo nel piano di stabilizzazione del Medio Oriente, è servito agli Stati Uniti per avere un’ambasciata libera da congegni-spia [41].
A proposito della Libia, l’appoggio dato da Trump al generale Haftar il 15 aprile 2019 pone di nuovo gli Stati Uniti a fianco della Russia, questa volta contro il governo di Tripoli, sostenuto dall’ONU e dall’Unione Europea (e quindi dal deep state, a cui verrà sottratto il controllo di ulteriori territori e ulteriori risorse petrolifere). È l’ennesima inversione di centottanta gradi rispetto alle politiche di Obama e, soprattutto, un altro inequivocabile segnale dello stravolgimento del quadro delle relazioni internazionali.
Il riarmo, le guerre e gli stati-ostaggio
L’élite finanziaria internazionale, la cosiddetta Cabala, essendo stata generata dal settore a massima concentrazione, quello del credito, si arricchisce enormemente grazie alle spese belliche e al riarmo, che richiedono proprio una grandissima espansione del credito e l’intervento delle banche centrali per spostare risorse, attraverso la diluizione della massa monetaria, verso la macchina bellica. Non a caso, guerra e inflazione vanno spesso a braccetto.
Allo scopo di far inaridire questa fonte di enormi profitti per la Cabala, l’amministrazione americana, di concerto con gli alleati, ha varato un programma per far terminare la maggior parte dei conflitti armati: oltre ai già citati casi della Siria e dell’ISIS, colloqui di pace in fase avanzata sono in atto con i talebani in Afghanistan (dove per aprile 2019 sarebbe previsto l’inizio del ritiro di una parte del contingente USA) e altri colloqui di pace sono iniziati con Yemen (gli USA che hanno ritirato l’appoggio logistico all’Arabia Saudita), Sudan, Libia, Somalia.
La strategia complessiva dell’élite finanziaria per incrementare riarmo e conflitti si basava su veri e propri due stati-ostaggio: la Corea del Nord e l’Iran. Per stati-ostaggio si intendono stati ufficialmente considerati ostili, ma in realtà dominati, a livello politico, da elementi del deep state.
La Corea del Nord rappresentava il pericolo di conflitto più immediato. Le schermaglie retoriche tra Kim Jong Un e Trump servivano, ancora una volta, a celare dei negoziati che hanno portato all’eliminazione fisica degli alti funzionari legati al deep state, i cui nomi sono stati forniti dagli USA al governo nordcoreano, che avrebbe provveduto, ad ottobre 2017, a rinchiuderli in una sede per test nucleari situata in una montagna, facendogliela poi crollare addosso (il fatto è stato riportato dalla stampa come un incidente che provocato almeno 200 vittime). Da allora, sono iniziati i veri e propri negoziati, che hanno portato al riavvicinamento delle due Coree dopo oltre sessant’anni e alla fine dei test nucleari e missilistici da parte della Corea del Nord e delle manovre navali nella zona da parte degli USA.
Il deep state ha subito un duro colpo con la perdita della Corea del Nord, che serviva anche da hub per il traffico di droga e di esseri umani, e rappresentava un avamposto tanto affidabile da tenervi, come abbiamo visto, i server di email con cui i più alti funzionari americani facevano i loro affari, vendendo segreti e tecnologia militare, di cui la stessa Corea del Nord era ottimo acquirente (vedi caso McCain nella PARTE SECONDA). La risposta del deep state è stata potenzialmente devastante, con il lancio di due missili nucleari, neutralizzati durante volo (lo vedremo più avanti).
Il caso dell’Iran si presentava più complicato. Iran e Stati Uniti avevano stipulato un trattato che ufficialmente mirava ad evitare che gli iraniani si armassero di ordigni nucleari, compensati dal pagamento di ingenti somme da parte degli USA, parte delle quali in contanti (famosi i pallet di dollari caricati sugli aerei, vedi foto sotto). In realtà, il denaro serviva a finanziare il deep state e lo sviluppo di armi nucleari, che avveniva grazie a impianti delocalizzati in Siria e ad ispezioni fasulle. Uno dei primi atti della politica estera di Trump è stato proprio il ritiro degli USA del patto con l’Iran, con grande scorno di molti paesi dell’Unione Europea, che ha tentato di subentrare finanziariamente agli Stati Uniti, senza però riuscirvi.
Uno dei pellet di dollari inviati in Iran dall'amministrazione Obama
Trump ha affermato di essere in attesa di una segnale dell’Iran per aprire dei negoziati, segnale ad oggi apparentemente non pervenuto, anche se, per bocca dello stesso Trump, l’Iran sarebbe oggi uno stato molto diverso rispetto a due anni fa, con il deep state molto indebolito finanziariamente. Alla fine di febbraio del 2019 si è dimesso Mohammad Javad Sarif, ministro degli esteri iraniano.
Gli accessi ai diversi stati chiusi o in via di chiusura per il deep state, al 15 agosto 2018, sono riassunti in Q#1884 (vedi immagine sotto). Ricordiamo che anche l’accesso alla fondamentale Arabia Saudita è stato chiuso per effetto delle purghe di fine 2017. Per questo motivo, il deep state ha organizzato un’altra false flag, la barbara uccisione del giornalista Jamal Khasshoggi, per addossarne la colpa all’Arabia Saudita e creare un caso internazionale e una crisi diplomatica con gli USA, in modo da riconquistare le posizioni perdute nel paese. Anche in questo caso, il colpo è stato schivato, l’alleanza è rimasta in piedi.
Il post Q#1884
Aggiornamento del 21-05-2019 – Al montare della retorica e delle minacce tra USA e Iran, corrisponde probabilmente una fase di negoziati già in atto, secondo quello che è stato il protocollo nordcoreano. Alcune sfumature nelle ultime dichiarazioni pubbliche di Trump sembrano confermare questa lettura.
Aggiornamento del 21-06-2019 – Ricordiamo che, se lo scontro nell’apparenza della narrativa ufficiale è tra gli USA e l’Iran, nella realtà assistiamo a una lotta tra la borghesia sovranista americana e la borghesia globalista iraniana, che lo stesso scontro è in atto all’interno dei due paesi, che esiste un’alleanza tra la borghesia globalista americana e quella iraniana, che specularmente esiste, o è in costruzione, un’alleanza tra la borghesia sovranista iraniana e quella americana e che, in questa fase, le cesure interne alle singole nazioni prevalgono su quelle tra nazioni. Detto questo, la recente “escalation” militare (attacco a una petroliera e abbattimento di un drone americano) è una reazione del deep state globalista allo strangolamento economico messo in atto dagli USA attraverso la ricusazione del nuclear deal, le sanzioni e il divieto di esportazione di petrolio. Questi provvedimenti colpiscono tutta l’economia iraniana, ma in modo particolare la borghesia globalista che, messa all’angolo, tenta di uscirne attraverso il caos di uno scontro militare su larga scala. Possiamo confermare dall’osservazione dei fatti che certamente esiste un negoziato in atto tra i governi di USA e Iran, che le recenti voci di una rete della CIA smantellata all’interno dell’Iran [42] indicano una o più operazioni mirate alla rimozione del deep state e che se ci sarà un intervento militare americano questo sarà, molto probabilmente, di tipo “minimalista”, cioè limitato nel tempo e indirizzato alle strutture militari della borghesia globalista, sulla scorta di quanto recentemente avvenuto in Siria.
Il traffico di droga e di esseri umani. L’immigrazione
Il traffico di droga e quello di esseri umani non sono di esclusivo appannaggio della Cabala, ma vanno a finanziare diversi strati della borghesia internazionale. Svolgono però una funzione fondamentale, che è quella di contribuire a finanziare il deep state a livello locale (come vedremo nel caso americano), oltre a fornire ai suoi membri diverse fonti di sollazzo, rendendoli nel contempo ricattabili e quindi controllabili. È comunque innegabile, in base a quanto emerso negli ultimi tempi, che la Cabala rivesta in questi traffici un ruolo centrale.
Il previsto ritiro delle truppe USA dall’Afghanistan implica anche la perdita del controllo sulla produzione del papavero da oppio, aumentata esponenzialmente da quando gli americani occupano il paese, e sulla produzione di eroina, che notoriamente viene utilizzata dalla CIA per pagare le operazioni segrete.
Per quanto riguarda l’immigrazione, che nella sua forma attuale è essenzialmente un’altra forma di traffico di esseri umani (basti pensare al sottobosco di ONG che si occupano di migranti), questa è un elemento indispensabile per la grande finanza internazionale, perché sortisce molteplici effetti, tra cui quello di creare ulteriore forza lavoro in eccesso, deprimendo i salari e accelerando il trasferimento di ricchezza dal popolo alla classe abbiente, e quello di alimentare, nel breve periodo, le “guerre tra poveri”, utili alla classe dominante soprattutto in periodi di crisi [42A]. Secondo molti commentatori, un altro effetto dell’immigrazione di massa fortemente cercato dalla Cabala sarebbe quello di diluire le identità nazionali, considerate un ostacolo per le politiche globaliste. Fatto sta che, ad esempio, le Open Society Foundations del già più volte citato George Soros, membro di spicco della Cabala, sono in prima fila nel promuovere, anche con interventi presso i governi, le migrazioni di massa. La fine del conflitto siriano ha rappresentato un grosso problema per i piani di migrazione in Europa, e lo stesso Soros è andato personalmente in cerca di potenziali flussi alternativi di migranti dall’Africa. Le fondazioni di Soros sono state bandite dall’Ungheria (paese d’origine del finanziere) e stanno incontrando sempre più ostacoli a livello internazionale (Romania, Macedonia, Polonia, Turchia). La lotta tra fazioni della classe dirigente si manifesta, sul tema delle migrazioni, nello scontro sul Global Compact, a cui abbiamo già accennato, con diverse nazioni che si stanno ritirando.
Il Vaticano nel mirino
Come polo bancario di prima grandezza (valore stimato del solo IOR: 229 miliardi di dollari, vedi Q#1021), il Vaticano fa parte a pieno titolo della Cabala (sempre in Q#1021 viene ricordato il prestito dei Rothschild alla Santa Sede nel 1832 e si afferma che il Vaticano è collegato alla CIA), rappresentandone anche una preziosa stampella ideologica: basti pensare alla posizione sui cambiamenti climatici, sulla guerra in Siria e sulle migrazioni.
La diffusa pratica della pedofilia all’interno delle gerarchie ecclesiastiche rende il Vaticano vulnerabile agli attacchi del fronte anti-Cabala: recentissima è la condanna per abusi e violenze su minori del cardinale Pell, già numero tre nelle gerarchie vaticane in qualità di tesoriere (quindi, in realtà, numero uno). Epocale è stato il processo a 300 preti in Pennsylvania per abusi e violenze su oltre 1000 minori, pratiche coperte dalle gerarchie ecclesiastiche, con raccapriccianti conclusioni da parte del gran giurì [43]. Il processo ha spinto diversi stati degli USA ad aprire inchieste analoghe. Il 20 marzo 2019 395 tra preti e personale ecclesiastico sono stati accusati di abusi su minori in Illinois [44]. Il 28 aprile 2019 l’arcidiocesi di New York ha reso noti i nomi di 120 preti accusati di abusi sessuali su minori [45]. Il 30 aprile 2019, il procuratore generale della Georgia ha aperto un’investigazione sugli abusi sessuali del clero cattolico nello Stato [46]. La macchina giudiziaria è in moto in tutti gli USA contro la chiesa cattolica, la lista potrebbe essere lunghissima, per ora ci fermiamo qui. Q, nei post Q#191, Q#1413 e Q#3155 (gli ultimi due rivolti direttamente al papa), ha alluso, attraverso simboli [47], al fatto che tra le altissime gerarchie ecclesiastiche si praticano culti (che i preti stessi definirebbero satanici) che prevedono lo stupro bambini e adulti, se non peggio.
La foto sopra, postata in Q#935, fa parte dell’attacco politico al Vaticano da parte dei militari americani
La reazione della Cabala
La reazione della Cabala al piano che la vorrebbe distrutta è stata, ovviamente, della massima veemenza ed è stata attenuata nelle sue conseguenze solo in virtù della meticolosa preparazione da parte degli opponenti. Il principale obiettivo della Cabala è stato, ovviamente, Donald Trump che, nell’ambito dell’operazione, è stato chiamato anche a rivestire il ruolo di bersaglio. Gli attacchi al presidente americano sono venuti sul piano mediatico (con una furia e una coralità dei media occidentali che non ha precedenti), politico (sia sul piano interno che su quello internazionale: dal premier canadese Justin Trudeau, dalla Merkel e da Macron su tutti) e militare. Da quest’ultimo punto di vista, oltre ai diversi tentativi di assassinio del presidente americano (oltre a quello, già citato, di Las Vegas, ce n’è almeno un altro di cui si sa qualcosa: Trump avrebbe dovuto essere ucciso durante un comizio tenuto in Pennsylvania prima delle elezioni di medio termine), si è raggiunto il culmine con il lancio di due missili nucleari, uno molto probabile e l’altro praticamente certo.
Il primo lancio, quello molto probabile, sarebbe avvenuto il 13 gennaio del 2018 e sarebbe stato diretto verso le Hawaii, quando si ebbe l’allarme di un missile balistico in arrivo (l’errore umano del “pulsante schiacciato per errore”, subito addotto come spiegazione, è praticamente impossibile, in quanto l’allarme viene attivato con un doppio comando simultaneo, analogo a quello del lancio dei missili) con il “set” già allestito: proprio in quel momento, una troupe televisiva si trovava “casualmente” in visita ad un bunker antiatomico delle Hawaii (presumibilmente abbastanza vicino al luogo del previsto impatto), mentre l’ex presidente Clinton si trovava su una delle isole (presumibilmente lontano dal luogo del previsto impatto), in modo da avere un testimone-reporter eccellente. Secondo le poche testimonianze oculari, il missile sarebbe esploso mentre era in volo sull’oceano, quasi certamente abbattuto. La firma della Cabala sull’evento è stata apposta per bocca di Papa Francesco, che ha dichiarato il giorno successivo, in un contesto slegato dall’evento, che era stato trattato dai media come una curiosità irrilevante, di aver paura perché pensava che il mondo fosse vicino alla guerra atomica [48]. Il lancio avrebbe dovuto quasi sicuramente essere imputato alla Corea del Nord, con conseguenze immaginabili solo in parte.
Il secondo lancio, documentato da una telecamera per il rilevamento delle condizioni meteorologiche e confermato da Q, è avvenuto il 10 giugno 2018 al largo di Seattle. Si era alla vigilia del summit di Singapore tra Trump e Kim Jong Un, che si sarebbe svolto il 12 giugno. Dall’immagine, esperti militari hanno riconosciuto un missile balistico intercontinentale Trident II, un tipo di ordigno lanciato dai sottomarini militari americani di classe Ohio. Il missile è stato abbattuto mentre era in volo sulle isole Aleutine a 20.000 km/h da una tecnologia segreta. Il suo obiettivo era quello di scatenare il caos mondiale, uccidendo probabilmente anche lo stesso Trump (Q lo qualifica come un attacco contro l’Air Force One, l’aereo presidenziale, che in quel momento forse si trovava in volo, ma le informazioni di Q su eventi strettamente militari vanno prese con le pinze, per ovvi motivi). Il sommergibile americano era forse destinato a risultare ufficialmente come controllato da hacker cinesi. La madre di tutte le false flags.
Nell'immagine sopra (si veda anche Q#2729), il missile lanciato il 10 giugno 2018. Secondo i media, si tratterebbe dell’immagine distorta di un elicottero. Talvolta, anche un elicottero si trasforma in un razzo-missile…
La Nuova Zelanda “ultimo rifugio”
Con la capacità di pianificazione a lungo termine che li contraddistingue, molti esponenti della Cabala hanno eletto la Nuova Zelanda [49] a loro rifugio di ultima istanza, soprattutto in caso di guerra atomica, e vi hanno fatto costruire maison da favola, con annessa pista di atterraggio e bunker extra lusso. Naturale è stata quindi la scelta della Nuova Zelanda per sfuggire, quando verrà il momento, all’offensiva della borghesia sovranista.
Il massacro delle moschee di Christchurch del 15 marzo 2019 (un’altra false flag la cui responsabilità stavolta è stata accollata dai media, oltre che al solito Trump, anche a Q) viene attualmente utilizzato come pretesto per preparare il paese ad accogliere gli esponenti delle élite finanziarie: bando delle armi tra la popolazione e accesso vietato ai siti con i messaggi di Q (facilmente aggirabile, comunque, attraverso un semplice VPN per chi non sia totalmente illetterato dal punto di vista informatico). La campagna è stata estesa anche alla “vicina” Australia.
Difficilmente queste precauzioni si riveleranno sufficienti quando e se gli esponenti della Cabala verranno accusati, come sembra, di “crimini contro l’umanità” (Q#2576, Q#2851).
La crisi venezuelana
Il Venezuela si dibatte da diversi anni in una crisi economica che è culminata nell’iperinflazione del bolivar (sarebbe interessante capire il ruolo della banca centrale del paese nell’insorgenza del fenomeno). Detentore di enormi riserve petrolifere, il Venezuela è da anni nel mirino della Cabala finanziaria, che ne vorrebbe il controllo e agisce di conseguenza attraverso gli elementi del deep state presenti nel paese.
Nell’ambito del recente scontro tra il rieletto presidente Maduro e l’Assemblea Nazionale (nelle mani del deep state) sulla legittimità delle elezioni presidenziali del 2018, il presidente americano Trump si è affrettato a riconoscere, prematuramente, il presidente dell’Assemblea Juan Guaidò come presidente del Venezuela ad interim, con il preciso scopo di “bruciarlo”.
Nel corso degli ultimi mesi è stata incessante la campagna di stampa occidentale contro Maduro, con tanto di denuncia di blocchi da parte del governo nei confronti di diversi convogli umanitari (che in realtà servivano a far penetrare nel paese armi per i ribelli: sono infatti entrati, senza problemi, i convogli russi e cinesi) e foto di un ponte con al confine con la Colombia che per la stampa sarebbe stato bloccato sempre per impedire l’accesso ai “convogli umanitari”, ma che in realtà non era mai stato aperto perché non ultimato.
Dagli Stati Uniti si è sollevata la solita cortina fumogena: l’amministrazione ha finto di assecondare le sirene della stampa legata al deep state, con il “falco” John Bolton che, per “errore” e “distrazione”, ha esposto ai fotografi una pagina di appunti in cui si faceva accenno a un piano, falsissimo, per l’entrata in Venezuela di 5000 soldati americani attraverso la Colombia.
Intanto, nel paese sono arrivate le truppe russe, che hanno iniziato l’installazione dei sistemi S-300 per chiudere lo spazio aereo, tra le proteste di prammatica degli americani. Il 29 marzo 2019 Trump ha affermato di voler risolvere la crisi Venezuelana di concerto con Russia e Cina. Ci si avvia, quindi, ad una soluzione di tipo “siriano”, con la Cabala di nuovo fuori dai giochi.
Pare che la crisi venezuelana sia intrecciata con la politica del governo cubano, che potrebbe essere stato trasformato in un bastione del deep state al tempo dell’apertura di Obama (cfr Q#1884). La coalizione USA-Russia-Cina potrebbe allora avere l’obiettivo di epurare il governo dell’isola dai residui elementi nemici a margine dell’operazione Venezuela.
Aggiornamento del 1 maggio 2019 – Gli eventi sono improvvisamente precipitati, confermando quanto finora detto: il tentativo di Guaidò di innescare una “rivoluzione colorata” ha perso slancio e abbiamo assistito al tentativo del deep state (fuorviato, a quanto pare, da false informazioni, che davano per certo l’appoggio di gran parte dell’esercito) di provocare, sempre attraverso Guaidò, un colpo di stato militare. L’iniziativa ha avuto un impatto quasi solo mediatico (pochissimo il seguito nell’esercito e, pare, tra la popolazione), ha incassato l’appoggio soltanto formale degli USA ed è stata sedata in meno di 24 ore. A cose quasi concluse, Trump ha denunciato, via Twitter, la presenza in Venezuela di militari cubani ed ha intimato al governo dell’isola di ritirarli, minacciando l’embargo e sanzioni.
Giappone, Messico, Italia
Il Giappone è un alleato di ferro degli USA di Trump, come dimostrato anche dal recente incontro tra il presidente americano e il primo ministro giapponese Abe. Nel quadro dell’attuale dinamica internazionale, le due nazioni collaborano effettuando operazioni di intelligence congiunte e il Giappone sta svolgendo un ruolo di mediazione tra gli USA e l’Iran. Le forze armate giapponesi hanno ratificato un importante acquisto di caccia F-35 americani e i rappresentati dei due paesi sono in trattativa per raggiungere accordi tesi a riequilibrare la bilancia commerciale tra USA e Giappone, segno evidente che la borghesia sovranista è ben disposta a rinunciare a lauti profitti pur di sbarazzarsi della fazione che controlla l’emissione della moneta fiduciaria.
La “crisi dei migranti” al confine sud degli Stati Uniti ha assunto proporzioni gigantesche, con 144.000 persone fermate solo a maggio del 2019. Si tratta di un flusso spesso organizzato in carovane, il più delle volte predisposte ad arte (e lautamente finanziate) per agire da ariete e sfondare le crescenti difese predisposte al confine dal governo degli Stati Uniti, tra presenza militare, sorveglianza elettronica e il famoso “muro” di Trump, che è già stato completato per diversi tratti. Questi poveracci, spinti dalla necessità creata dallo stesso movimento del capitale, sono utilizzati sia come merce umana, in quanto forza-lavoro a basso prezzo, che come pedina per facilitare la veicolazione nel mercato USA di droghe, prostitute, minori sfruttabili nei modi più turpi, membri di gang criminali e quant’altro. Il flusso di migranti negli USA è stato facilitato dallo stesso Messico, che ha lasciato transitare indisturbate le carovane provenienti dall’America Centrale. Oltre agli interessi della classe dirigente messicana legata al narcotraffico, che, data la sua forza economica e militare, ha grossa influenza sull’apparato statale, è interesse della borghesia messicana in generale che il numero più grande possibile di cittadini possa utilizzare le strutture sanitarie degli USA (in molto zone è garantita l’assistenza sanitaria agli illegali) e il loro sistema formativo, per poi riportarne in patria i benefici. Si tratta di una dinamica niente affatto nuova, ma che anzi rispecchia andamenti onnipresenti nella storia umana.
Il 31 maggio 2019 Trump ha annunciato che, a partire dal 10 giugno, le merci messicane sarebbero state gravate di tariffe del 5%, che sarebbero salite gradualmente fino a raggiungere il 25% in 3-4 mesi, se il Messico non avesse arrestato il flusso di migranti diretto negli Stati Uniti. Con questa mossa, l’amministrazione americana ha messo la fazione della classe dirigente messicana legata al narcotraffico e la fazione industriale tra loro contro. La fazione industriale ha prevalso in pochi giorni: il 7 giugno lo stesso Trump ha comunicato che USA e Messico avevano raggiunto un accordo secondo il quale il Messico si è impegnato ad arrestare il flusso di migranti, sia con l’impiego dell’esercito (6000 soldati sono stati dislocati lungo il confine) che prendendo in carico parte dei richiedenti asilo. Inoltre, il Messico ha accettato di acquistare ingenti quantità di prodotti agricoli americani. Per il presidente americano si è trattato di una notevole vittoria politica e, visto il contesto, militare.
La lotta prosegue ora all’interno dello Stato messicano tra le due fazioni contrapposte.
La complessa vicenda di costruzione dello Steele dossier e della campagna per bloccare l’elezione di Trump o per rimuoverlo successivamente è passata non soltanto per la Gran Bretagna, l’Australia e l’Ucraina, ma anche per l’Italia, con la complicità del governo Renzi e dei servizi segreti. In breve, nel 2016 venne organizzato a Roma un incontro-trappola tra George Papadopulos, membro del team elettorale di Trump, e Joseph Mifsud, un agente italiano in collegamento con la CIA, per poi far passare lo stesso Mifsud per un’agente russo e usare l’evento come pretesto per l’inizio delle indagini nei confronti del futuro presidente americano [50]. A maggio del 2019, dopo una telefonata di Trump, che ha nell’attuale governo italiano un governo più che amico, il premier Conte ha disposto la rimozione di quattro vicedirettori dei servizi segreti italiani [51].
(continua)
(Testo del 9 marzo 2019 con integrazioni successive)
[39] La domanda nasce spontanea: può il limitato quantitativo di oro esistente sostenere il peso monetario del commercio mondiale? La risposta è semplice: dipende dal prezzo dell’oro. Se infatti il prezzo dell’oro come metallo è determinato, in ultima analisi, dal suo valore, cioè dal quantitativo di lavoro umano incorporato nella sua produzione, il prezzo dell’oro come moneta è direttamente proporzionale al volume degli scambi e inversamente proporzionale alla massa monetaria circolante e alla velocità di circolazione. Quindi, il prezzo dell’oro come moneta può essere molto più alto rispetto al valore dell’oro come metallo. Il prezzo dell’oro, che possiede proprietà monetarie da millenni, è stato manipolato verso il basso da un sofisticato meccanismo di derivatizzazione messo in atto in seguito agli accordi sul petrodollaro, affinché il dollaro non avesse a subire la concorrenza monetaria dell’oro.
[39A] Il piano dell'amministrazione Obama era di far crescere l'ISIS per rimuovere Assad, un disegno complicatosi nel momento in cui il governo siriano ha chiesto aiuto alla Russia. Di seguito, due link a un audio di John Kerry che dimostra il sostegno dato all'ISIS dal governo USA di allora: https://theconservativetreehouse.com/2019/10/27/flashback-2016-secretary-of-state-john-kerry-admits-president-obama-intentionally-armed-isis-in-syria-audio-recording-and-transcript/ ; https://theconservativetreehouse.com/2017/01/01/absolutely-stunning-leaked-audio-of-secretary-kerry-reveals-president-obama-intentionally-allowed-rise-of-isis/amp/?__twitter_impression=true
[40] Il termine deriva dal linguaggio marinaresco: pare che nella guerra in mare le navi nemiche solessero issare la stessa bandiera della nave da assaltare, per avvicinarsi tranquillamente ed attaccare di sorpresa.
[41] È interessante, in questo senso, osservare come i militari abbiano gestito il processo di edificazione della nuova ambasciata: il preventivo iniziale era di un miliardo di dollari e prevedeva l’intervento di numerose ditte, e al termine l’edificio sarebbe stato sicuramente infestato di congegni-spia. Alla fine, l’ambasciata è stata costruita con una spesa inferiore al mezzo milione di dollari [non è un refuso, si tratta di una cifra inferiore di circa 2000 volte] da una sola ditta, sicuramente sotto stretto controllo militare.
[42] https://www.timesofisrael.com/iran-claims-it-discovered-busted-a-cia-spy-network/
[42A] Questo video riassume molto bene i vantaggi dell'immigrazione per le élite dominanti: https://youtu.be/YvzohDLsFP0.
[43] https://www.attorneygeneral.gov/report/
[47] È particolare il fatto che l’Aula Paolo VI in Vaticano, progettata da Pier Luigi Nervi e inaugurata nel 1971, abbia inequivocabilmente la forma della testa di un serpente, sia dall’esterno che dall’interno (si veda anche Q#191):
Secondo Q, “il simbolismo sarà la loro rovina” (riferito al Vaticano e a tutte le élite: http://archive.fo/nkrkR).
[48] https://www.repubblica.it/vaticano/2018/01/15/news/papa_guerra_nucleare-186525180/
[49] La Nuova Zelanda fa parte, con USA, UK, Canada e Australia, dell’accordo Five Eyes (FVEY), ch consente ai servizi di intelligence dei diversi paesi di scambiarsi informazioni, in modo da aggirare le leggi nazionali.
NON CONSIDERATE QUELLO CHE AVETE LETTO COME VERO AL 100%, MA FATE LE VOSTRE RICERCHE E ARRIVATE ALLE VOSTRE CONCLUSIONI. SCAVATE IN CERCA DELLA VERITÀ. NON È PIÙ TEMPO DI ACCONTENTARSI DI "VERITÀ" PRECONFEZIONATE DA ALTRI.
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