Abbiamo l’impressione, al pari di altri analisti, che la guerra in Ucraina, con i suoi tempi apparentemente “dilatati”, non serva soltanto allo scopo di distruggere le istituzioni globaliste e costruire l’indispensabile sconfitta militare della Cricca, ma abbia anche il compito di ingigantirsi e arrivare a un punto di rottura in un preciso, ignoto momento nel futuro, probabilmente all’unisono con altri avvenimenti (ad esempio negli Stati Uniti, in Medio Oriente e/o in Asia), in una specie di “convergenza delle crisi”, il cui manifestarsi porterà al risveglio della quasi totalità della popolazione mondiale (quel “Grande Risveglio” di cui ci è stato detto con anni di anticipo da Q) e aprirà la strada alla liquidazione definitiva della Cricca. Se abbiamo ragione, del tutto o in parte, sarà il tempo a dirlo, per ora ci limitiamo a osservare gli eventi in questo articolo, che abbiamo definito “aperto”, nel senso che nasce per essere di volta in volta aggiornato con l’evolversi della situazione, un articolo fatto per la maggior parte di brevi commenti da noi pubblicati prevalentemente su Telegram.
Siamo all'escalation? Sembrerebbe proprio di sì: la Russia che afferma di essere in "guerra" (non più in un'"operazione militare speciale"), voci di truppe regolari NATO giunte sul suolo ucraino, adesso l'attentato terroristico al Crocus City Hall nel cuore di Mosca. Ricordiamo quello che c'è in ballo: la distruzione delle strutture economiche e politiche del Nuovo Ordine Mondiale (comprese UE e NATO), lo smantellamento dell'apparato di controllo mentale della popolazione mondiale (rete dei media tradizionali e social), il risveglio della popolazione tramite operazioni psicologiche (benefiche) appositamente studiate e calibrate, scioccanti per molti. È questo il copione che è stato scelto? È questo il motivo per cui la Russia ha prolungato le operazioni, sincronizzandosi col caos pre-elettorale americano? È questo il motivo per cui la Russia ha mantenuto aperte le rotte di rifornimento dell'esercito ucraino, in modo che gli arsenali della NATO si svuotassero il più possibile? Presto avremo una risposta a queste e a molte altre domande.
L'escalation verso la minaccia della terza guerra mondiale "cinetica" ha compiuto un altro passo, forse due, con l'attacco iraniano a Israele. Immediato il coinvolgimento del Regno Unito, ovviamente a fianco degli israeliani. Mosca ha messo in guardia Israele e gli USA su eventuali azioni contro l'Iran, paese dei BRICS. In questi momenti così carichi di tensione, come non se ne vedevano da molti decenni, ricordiamo a tutti il drop di Q numero 64: "Se le luci dovessero spegnersi, per favore ricordatevi che abbiamo il controllo. Non fatevi prendere dal panico. Siamo preparati e gli asset sono al loro posto. Dio vi benedica."
La Russia sta vincendo su tutti i fronti:
- contro la NATO in Ucraina
- in Africa, dove sta cacciando la Francia
- in Siria contro gli alleati degli USA/ISIS
- con i BRICS e il Sud del mondo contro l'egemonia del dollaro americano
- dal punto di vista diplomatico, Putin è il leader più rispettato al mondo
https://twitter.com/angeloinchina/status/1783016414426927584?t=n9yjwX59cmVLqWKbkHEoNw&s=19
La Russia mostra al mondo che l'esercito ucraino è alle corde e che può sfondare il fronte quando vuole, conquistando oltre 30 chilometri quadrati in poco tempo, utilizzando solo 4-5 battaglioni di fanteria in un punto in cui l'attacco era comunque atteso.
Nell'ultima settimana, gli ucraini hanno perso quasi mille uomini al giorno.
Il livello dello scontro si è alzato di parecchio nelle ultime settimane, in seguito ai tentativi ucraini (di certo assistiti dall’Occidente) di colpire i radar di allerta nucleare precoce situati negli Oblast di Krasnodar e Orenburg. Si tratta di strutture complesse, irrinunciabili per una potenza nucleare globale come la Russia e non rimpiazzabili in breve tempo. Qualora una sola di queste venisse distrutta, si aprirebbe una breccia nel sistema russo di allerta precoce che potrebbe preludere a un imminente attacco atomico contro la Federazione. Una tale minaccia, anche solo potenziale, aprirebbe la porta, secondo la dottrina nucleare russa, all’uso preventivo delle armi atomiche. Anche se sappiamo, per quello che stiamo scrivendo da anni e che rappresenta il fondamento del nostro lavoro, che questa eventualità è da escludersi, quello che qui conta, a livello di analisi, è lo svolgersi delle operazioni militari non solo sul campo di battaglia classico, ma anche su quello psicologico: conta, insomma, il montare della tensione. Da questo punto di vista, un’ulteriore spinta viene da molti paesi NATO, tra cui USA, Germania e Francia, che stanno decidendo di togliere le restrizioni all’uso delle armi da essi forniti: tali armi potranno forse essere utilizzate per colpire il territorio russo in profondità (ivi compresi, immaginiamo, i radar di allerta precoce di cui sopra). Le cose sono giunte a un punto tale che, se l’apparato dei media non edulcorasse od omettesse le notizie, potremmo trovarci ad un livello di tensione e di panico quasi paragonabile a quello della crisi dei missili cubani del 1962. Siamo di fronte a due strategie diametralmente opposte: i globalisti vorrebbero portare il mondo all’olocausto nucleare tenendo la popolazione anestetizzata e inconsapevole fino all’ultimo momento, i Patrioti vogliono invece il risveglio generale del popolo, forse anche utilizzando lo spettro della guerra nucleare, ma senza arrivarci davvero. Se l’obiettivo è questo, per raggiungerlo sarà probabilmente necessario portare il “gioco” ancora più in là.“Solo al precipizio [momento della distruzione] la gente troverà la volontà di cambiare” Q#4407.
Citando il sempre ottimo Umberto Pascali, importanti crepe iniziano ad apparire nelle posizioni occidentali sull’Ucraina. Le parole di Lavrov all’ambasciatrice USA a Mosca Lynn Tracey, pronunciate in seguito all’attacco contro Sebastopoli, avrebbero provocato il panico nell’establishment USA: oltre a quanto dichiarato alla stampa, il Ministro degli Esteri russo avrebbe notificato all’ambasciatrice che la Russia non si considera più in una situazione di pace con gli USA, si considera quindi in una sorta di non-pace (ricordiamo a tutti che, in ogni caso, il controllo delle armi nucleari americane è rimasto nelle sicure mani di Trump e dei militari che lo spalleggiano: vedi articoli sulla devolution). Il fronte anti-russo appare sempre più sfilacciato, con la Polonia che fa un passo indietro rispetto all’ipotesi di un coinvolgimento militare diretto e la Turchia, membro NATO, che si è messa in coda per entrare nei BRICS. In più, abbiamo tutta una serie di distinguo da parte di vari paesi, come la posizione della Slovacchia e una certa riottosità della stessa Italia, la cui base aerea di Sigonella non verrebbe più utilizzata, almeno al momento, per il decollo dei droni della NATO diretti verso il Mar Nero. Pare anche che la Russia sia intenzionata a creare, sul Mar Nero, una no-fly zone. Sempre di no-fly zone, stavolta sull’Ucraina, continuano a parlare i paesi NATO: per ora ci sembra un’ipotesi poco praticabile e rappresenterebbe una dichiarazione di guerra alla Russia in piena regola, per cui probabilmente si tratta di chiacchiere vuote. Si complica l’idea di vendere i beni russi congelati in Europa per sostenere l’Ucraina: l’Arabia Saudita, membro dei BRICS, ha affermato che, se tale ipotesi si concretizzasse, inizierebbe a vendere il debito francese. L’oppositore principale alle politiche antirusse in seno alla UE, l’ungherese Orbán, una volta assunta la carica di Presidente di turno dell'Unione Europea (incarico che durerà 6 mesi) ha iniziato un giro di consultazioni per intavolare le trattative di pace, sostenendo colloqui, nell’ordine, con Zelensky, Putin e Xi, tra le critiche e le prese di distanza dei guerrafondai europei. Esiste la possibilità che siano già in atto, a livello per ora non ufficiale, dei tentativi da parte di più paesi di mettere effettivamente in piedi delle trattative e che si possa assistere, nel medio periodo, a una de-escalation della situazione ucraina. Oppure, si sta dando la possibilità a dubbiosi e infiltrati anti-globalisti di sganciarsi dal treno della guerra, in modo tale da costringere i fantocci della Cricca a giocarsi la carta dell’escalation e dell’eventuale avventura militare a ranghi ridotti. Gli ultimissimi eventi ci fanno propendere per la seconda ipotesi: la NATO ha annunciato ufficialmente la consegna degli F-16 all'Ucraina e il nuovo Primo Ministro britannico Keir Starmer ha autorizzato gli ucraini a utilizzare i missili inglesi per colpire il territorio russo. Gli F-16 che parteciperanno a missioni contro i russi saranno considerati dalla Russia come obiettivi legittimi, anche se ospitati in paesi terzi.
Per un attimo, abbiamo avuto l'impressione che si stesse aprendo uno spiraglio: il 24 ha iniziato a circolare la notizia che l'Ucraina, apparentemente bypassando l'Occidente e la NATO, stava chiedendo aiuto alla Cina per intavolare trattative di pace con la Russia. Il giorno dopo c'è stata, puntuale, una dichiarazione del portavoce del Ministro degli Esteri cinese, che ci ha riportati con i piedi per terra e che brevissimamente riassumiamo: sia la Russia che l'Ucraina hanno lanciato segnali sulla volontà di negoziare, ma i tempi non sono ancora maturi, le parti sono troppo distanti e il conflitto è ancora in corso, con rischi di escalation e ricadute.
Rimane quindi in piedi l'ipotesi che vede, sulla strada che porta alla vittoria dei Patrioti, un progressivo e, in qualche modo, "sincronizzato" acutizzarsi della crisi ucraina e del deterioramento della situazione interna americana (senza perdere d'occhio il Medio Oriente), che si risolveranno con la definitiva sconfitta della Cricca.
L'esercito ucraino, che negli ultimi due mesi ha perso 115.000 uomini (circa 2.000 al giorno) e 400 chilometri quadrati di territorio, ha attaccato nella regione di Kursk, penetrando in territorio russo per circa 15 km e catturando 11 insediamenti. L'avanzata sarebbe stata fermata dal lavoro dell'aviazione e dell'artiglieria russa. Secondo alcune voci del campo russo, l'Ucraina avrebbe impiegato in questa operazione le ultime riserve. L'attacco sembra avere valenza soprattutto politica e di immagine, ma alcuni analisti sottolineano che, essendo l'esercito ucraino effettivamente alle dipendenze degli interessi occidentali (e statunitensi in primo luogo), il vero obiettivo potrebbe essere quello di eliminare l'ultimo gasdotto che porta il gas in Europa, stravolgendo il mercato europeo dell'energia ancor più a favore degli USA. Secondo la portavoce del Ministero degli Esteri Maria Zakharova, Zelensky avrebbe gettato le truppe nel tritacarne di Kursk per estendere tacitamente la mobilitazione per altri 3 mesi.
Cerchiamo di riassumere la situazione della regione di Kursk. Il 6 agosto, l'esercito ucraino ha lanciato un'offensiva a sorpresa al di fuori della zona dell'Operazione Militare Speciale e dei territori occupati, appunto nella zona di Kursk, in territorio russo. Non esistendo in questa zona le linee difensive russe, gli ucraini sono riusciti a penetrare in profondità, occupando un territorio di diverse centinaia di chilometri quadrati: si tratta della prima invasione della Russia (benché su scala minuscola) dalla seconda guerra mondiale. L'operazione costringe quindi i russi a dare la caccia a unità nemiche sparpagliate su un territorio piuttosto vasto. Si tratta di una strategia certamente pianificata con gli alleati occidentali, che dà dei frutti a livello di immagine e che, per quanto riguarda le perdite, è molto costosa per l'esercito ucraino, già a corto di uomini. Su tutto il resto del fronte, gli ucraini sono in arretramento e la loro situazione si è aggravata in seguito all'offensiva di Kursk, che li ha praticamente privati delle riserve. Se la speranza era di distogliere forze russe dall'Operazione Militare Speciale, si può dire che sia avvenuto il contrario. Da un punto di vista militare, gli ucraini avanzano, con relativamente poche forze, in un territorio immenso che hanno appena intaccato, e sono oggetto di tiro al bersaglio da parte delle forze russe, che impiegano nel settore di Kursk parte delle loro riserve e altre unità prima non impegnate nella SMO. Sul resto del fronte, i russi avanzano sempre più velocemente e le forze ucraine sembrano vicine al punto di rottura. Ad oggi, la situazione nella regione di Kursk non si è ancora stabilizzata. Verosimilmente, anche secondo gli analisti occidentali, l'Ucraina non sarà in grado di mantenere il controllo delle aree catturate, ma la Russia impiegherà settimane per liberare il proprio territorio. A questo quadro, bisogna aggiungere le finalità terroristiche da parte ucraina: non solo quelle, accertate, nei confronti della popolazione, ma anche un possibile piano per far esplodere bombe nucleari "sporche" in prossimità delle centrali atomiche di Kursk e Zaporizhzhya. Al momento, secondo Rosatom, la situazione militare intorno ai due impianti continua a deteriorarsi. Intanto, sul canale russo Rybar (la cui versione in lingua russa conta 1,3 milioni di iscritti) è emerso del malcontento su come parte della dirigenza russa non riesca a considerare i media occidentali per quello che sono, cioè parte attiva nel conflitto che agisce nell'ambito psicologico, funzionale nello sminuire il ruolo occidentale nel conflitto ucraino e, ultimamente, nell'offensiva di Kursk, della quale aiuta a nascondere i veri scopi. Una parte dei dirigenti russi più anziani, che proviene dalla scuola sovietica, vede le posizioni della stampa occidentale come il riflesso di interessi divergenti in seno all'Occidente stesso, piuttosto che come il frutto di un'elevata, accurata e collaudata centralizzazione, che ne fa un'arma potente e terribile. Qui sta l'errore. Nella nebbia della guerra è tutto molto incerto e spesso si inseguono e si sovrappongono ipotesi divergenti: sullo stesso canale, si ipotizza che possa essere in preparazione un attacco ucraino nel distretto di Glushkovsky per espandere la testa di ponte nella regione di Kursk. In questo senso, la storia della bomba nucleare "sporca" potrebbe essere un diversivo confezionato dai media occidentali (su ovvia commissione dell'apparato militare/CIA). Per questa operazione, gli ucraini potrebbero usare le cinque o sei formazioni di riserva rimastegli.
La situazione nella regione di Kursk sembra essersi stabilizzata, trasformando l’area in un’enorme sacca (o tritacarne) che intrappola le forze ucraine, il cui stato maggiore, in assenza di qualunque possibilità di successo altrove, continua a pompare in questo fazzoletto di territorio russo un gran numero di uomini e mezzi, che qui vengono distrutti a ritmo molto elevato. Sul resto del fronte, continua l’espansione delle forze russe. Nell’ultima settimana abbiamo assistito a un intensificarsi degli attacchi missilistici russi su infrastrutture e obiettivi strategici in Ucraina, con il culmine del 3 settembre, giorno in cui un missile ha colpito un centro di addestramento militare a Poltava, uccidendo centinaia di mercenari stranieri e istruttori svedesi, francesi e britannici. L’iniziale bilancio di 200 vittime sembra ampiamente sottostimato, il numero reale potrebbe superare le 700 unità. La propaganda occidentale ha dapprima cercato di dire che erano stati colpiti obiettivi civili, poi ha cercato di sminuire la gravità delle conseguenze dell’attacco, nonostante lo sciame di aerei medici della NATO che si è levato in volo nelle ore immediatamente successive. In Ucraina è avvenuto un importante rimpasto nel governo, con le dimissioni di numerosi ministri, tra cui quello degli Esteri, Dmytro Kuleba. Si è dimesso anche il Ministro degli Esteri svedese Tobias Billström: alcuni collegano questo atto improvviso al bombardamento di Poltava e alla morte di numerosi individui appartenenti alle forze armate svedesi.
Mentre la Russia sta cacciando gli ucraini dalla regione di Kursk (l'intera operazione è stata solo un breve successo mediatico che sta comportando perdite rovinose) e di fronte all'arretramento dell'esercito ucraino su tutta la linea del fronte, i paesi occidentali si preparano ad autorizzare l'Ucraina ad utilizzare i missili a lungo raggio, da loro forniti, sul territorio russo, con la possibilità che possano colpire addirittura Mosca. I russi, che hanno parlato per bocca di Putin , considerano il "balletto" dell'autorizzazione solo un giro di parole inutile: gli ucraini non sarebbero mai in grado di agire da soli, ma dovrebbero usare dati provenienti da satelliti occidentali per guidare armi occidentali utilizzabili solo da personale della NATO. Ogni utilizzo di queste armi sarà quindi considerato come un coinvolgimento diretto dei paesi occidentali e come una sostanziale dichiarazione di guerra, con relative e proporzionate azioni di risposta da parte russa. Giuseppe Masala lo spiega molto bene con un articolo su L'Antidiplomatico: di solito parla prima il Viceministro degli Esteri Ryabkov (primo avvertimento), poi il Ministro degli Esteri Lavrov (secondo avvertimento), infine il Presidente Putin (ultimo avvertimento). Tanto che gli americani avrebbero preso sul serio le parole di quest'ultimo e l'autorizzazione all'uso potrebbe ipocritamente riguardare solo i missili inglesi e francesi e non quelli americani, più efficaci e numerosi. Più a lungo periodo, un modo per aggirare le ire russe (e il diritto internazionale) potrebbe essere quello di far assemblare le armi in Ucraina, in modo da "far finta" che siano gli ucraini stessi a produrle. Dubitiamo che una strategia così puerile, buona soltanto per essere rivenduta dall'apparato mediatico idiota e menzognero che ben conosciamo, possa essere di qualche efficacia. Intanto, forse il mondo si prepara ad assistere a un ulteriore passo importante nell'escalation.
Nonostante Zelensky abbia presentato ai suoi padroni occidentali dei piani di guerra che prevedono di colpire la Russia in profondità, il permesso di utilizzare i missili a lungo raggio gli è stato per ora negato. Al momento, l'escalation si è bloccata. Sembra che, al momento di prendere la decisione, un gruppo di generali americani si sia opposto. Questo gruppo aveva evidentemente la forza per prevalere. I Patrioti hanno il controllo.